Incontrare Leo Gullotta non ha veramente prezzo, nel senso che parlare con lui ti fa pensare che esistano ancora uomini come una volta, con quel garbo, quell’affabilità, quella classe e nobiltà d’animo d’altri tempi che devi cercare spesso faticosamente. Senza necessariamente riuscirci.
A Palermo con “Spirito allegro”, in scena al Teatro Biondo dal 12 al 21 febbraio, l’artista di origini catanesi ci apre il suo cuore, a partire da una delle commedie più divertenti e popolari del Novecento, uscita dalla penna di Noël Coward – al quale hanno anche dedicato un teatro a Londra – per oltre cinquant’anni in scena ininterrottamente nel West End londinese. In questo momento, per esempio, è rappresentata a New York con Angela Lansbury tra i protagonisti.
«Coward la scrive nel ’41 durante la guerra in Inghilterra – spiega Gullotta, che veste i panni di Charlie, scrittore in cerca di spunti per il suo nuovo romanzo, costretto a dibattersi tra lo spettro della prima moglie (che lo vorrebbe defunto per riabbracciarlo) e l’attuale compagna in carne e ossa – per esorcizzare la morte in un momento pesante per la storia del suo paese. A distanza di 70 anni, anche noi viviamo un periodo di pesantezza dal quale abbiamo difficoltà a uscire».
Giunto a Palermo dopo l’acclamato debutto romano con la regia di Fabio Grossi, “Spirito allegro” vede in scena al fianco di Gullotta, Betti Pedrazzi, Rita Abela, Federica Bern, Chiara Cavalieri, Valentina Gristina e Sergio Mascherpa. Allegre e colorate le scene di Ezio Antonelli, perfetto il gioco di luci di Umile Vanieri, così come l’accompagnamento musicale di Germano Mazzocchetti.
Una messa in scena di grande rigore, quella che riempie il palcoscenico dello Stabile di Palermo, che recupera il piacere della commedia con la “C” maiuscola, vedendo fantasmi e spiritelli indesiderati animarsi vorticosamente, pronti a dare vita a continui e inaspettati colpi di scena. A sottolineare il tutto, ecco il gioco di video-mapping che consente di visualizzare le immagini tutte attorno e sopra le teste degli attori. Non mancano piatti che volano, tavoli che si muovono per sedute spiritiche a prima vista poco credibili, come anche finestre che si aprono e chiudono improvvisamente, dando modo allo spettatore di vivere gli effetti scenici come un gioco che rende ancora più effervescente la storia.
«E’ uno spettacolo che è stato già visto da circa 40mila persone – prosegue Gullotta – anche perché rappresentato dallo scorso ottobre. Credo pure perché è stato colto il nostro invito a uscire di casa e venire a teatro per trascorrere qualche ora insieme. Comunicando attraverso le emozioni e quei sorrisi diversamente inesistenti».
Non scontate le risate che vengono regalate. Ma come si fa a far ridere ancora oggi?
«Quello che offre una commedia di questo genere è il gusto della risata tipica degli anni ‘50, piena di eleganza e finezza. E’ il gusto del sorriso, della piacevolezza nel vedere e vivere situazioni che sono lontane dal provocare risate sguaiate, ma che regalano anche un sorriso blando, basso, il piacere di una storia che si offre al pubblico con quella soavità che abbiamo perso. A impreziosire tutto questo, le scene e i costumi curati in modo particolare, ma soprattutto la capacità di affrontare con maestria una recitazione difficile come quella che richiede solitamente la commedia. E’ anche un ironizzare su quell’upper class degli anni ‘50 che amava il red carpet e s’incontrava a bere un caffè vestita di tutto punto ».
Essere sempre e comunque sulla cresta dell’onda, amato come e forse più del primo giorno. Può essere anche dovuto all’aver saputo dimostrare un coraggio fuori dalla norma?
«Il coraggio che oggi si deve avere è quello di essere se stessi, cercando di vivere e far vivere una vita senza traumi. La vera ricchezza è essere e restare attenti a qualunque tipo di diversità. Noi, in Sicilia, abbiamo una storia millenaria della quale dobbiamo andare orgogliosi. Chi nasce al sole ha, poi, uno scatto in più di coloro che nascono al nord. Noi abbiamo una brillantezza diversificata che ci deve far venire continuamente voglia di sottolineare la nostra intelligenza e farla crescere, rifuggendo da tutto quello a cui ci vogliono abituare».
Catania-Palermo, una battaglia infinita, non solo calcistica…
«Io non credo ci siano così tante differenze. Dal punto di vista letterario la Sicilia è piena di geni, da Pirandello a Sciascia, da Vittorini a Consolo, De Roberto più del Manzoni con “I Promessi Sposi”, per fare solo un paio di nomi, ma anche un Turi Ferro o un Randoni per restare nel mio mondo. Anime acute e brillanti che hanno raccontato la straordinarietà di questa terra, perfetta sotto tanti punti di vista. La nostra bella Sicilia è sempre stata contraddistinta dalla generosità, crescendo grazie e attraverso la contaminazione. Come e perché, dunque, fare differenze?».