Il teatro di Franco Scaldati, il drammaturgo palermitano scomparso tre anni fa, torna a infiammare coloro che lo hanno sempre amato e seguito, riproposto da Franco Maresco, che firma la regia dell’inedita antologia Tre di coppie, facendo nuovamente ingresso al Teatro Biondo di Palermo dopo avervi portato in scena due anni fa Lucio, uno dei testi più noti del compianto autore palermitano.
Il debutto alle 21 di mercoledì 24 febbraio nella Sala Strehler dello Stabile di via Roma con Gino Carista, Giacomo Civiletti e Melino Imparato.
Autore del film documentario “Gli uomini di questa città io non li conosco”, dedicato alla vita e all’opera di Franco Scaldati, Maresco torna in tal modo a occuparsi di uno dei più grandi e profondi poeti e autori teatrali palermitani, portando in scena una serie di “variazioni” sul tema della coppia nella sua opera.
«Per me è anche l’occasione per porre in evidenza il lato comico di Scaldati – spiega Maresco – . Un aspetto, determinante nella mia formazione artistica, che si ritrova nei miei film, in particolare in Totò che visse due volte. Ho pensato questo spettacolo insieme a Claudia Uzzo, come una macchina scenica a orologeria, nella quale gli attori appaiono e scompaiono in un grande fondale nero con una serie di finestre, al centro del quale vi è una specie di oblò, che fa da schermo alle immagini video: un buco nero che mette in relazione la realtà con quella dimensione altra, metafisica, della quale il suo teatro è concreta testimonianza».
Chi lo conosce, sa bene che i personaggi di Franco Scaldati vivono da sempre ai margini della società, un po’ barboni e un po’ filosofi, ultimo baluardo di umanità in un mondo che scivola inesorabilmente nell’oblio. Così come del resto nel suo teatro la commedia scivola facilmente nel dramma e viceversa.
«Non ho eliminato la parte lirica della scrittura di Franco – aggiunge il regista – che rimane sostanziale nel suo teatro, ma mi sono concentrato sugli umori del teatro popolare, dell’umanità del Borgo Vecchio e dell’Olivuzza che lui aveva conosciuto. Lo spettacolo è pieno di quelle suggestioni, del teatro da strada, di un’atmosfera in un certo senso clownesca e da avanspettacolo. Scaldati amava moltissimo Stanlio e Ollio, Totò e Peppino, Franchi e Ingrassia, perché rappresentavano proprio quell’umanità che lui incontrava per le strade del quartiere».
Lavorare al documentario “Gli uomini di questa città io non li conosco” ha senza ombra di dubbio fatto scoprire a Maresco una quantità incredibile di cose nell’opera di Scaldati, dandogli così tanti spunti di riflessione che non basterebbe una vita per metterli sotto forma di spettacolo.
«Più andavo avanti e più mi rendevo conto che quello che si conosce di Scaldati è la classica punta dell’iceberg, sotto la quale c’è ancora un mondo da scoprire. Chi ha idee nuove potrà avere, in futuro, la possibilità di dimostrare che la poesia del Sarto è un patrimonio che appartiene a tutti, non solo alla sua Palermo. È necessario, però, avere il coraggio di sperimentare – aspetto questo imprescindibile con Scaldati – e non farsi intimidire dall’apparente difficoltà della sua lingua, ma soprattutto non convincersi che il teatro di Franco sia accessibile soltanto a pochi eletti che ne custodiscono chissà quale segreto. È, invece, vero il contrario: Scaldati è per tutti, Scaldati è veramente universale. Io credo che questo spettacolo sia un lavoro che prosegue quello che ho fatto con Lucio, cioè pormi di fronte ai suoi testi con onestà, senza il rischio di idealizzarli. Sono contento di potere lavorare con tre attori straordinari, che possiedono un incredibile talento comico e, al tempo stesso, sanno fare risaltare il lirismo o la violenza disperata dei personaggi scaldatiani».
Le scene e i costumi di “Tre di coppie” sono di Cesare Inzerillo e Nicola Ferruzza, le luci di Cristian Zucaro, le musiche originali di Salvatore Bonafede. Si replica sino al 28 febbraio.