Certo, per l’attesa che sta crescendo ora dopo ora, ma soprattutto per il suo spessore artistico e culturale, qualcuno avrebbe voluto una seconda serata. E si, perché l”Ernesto Tomasino live!” promette veramente bene. Chi, poi, lo conosce dai suoi timidi, ma neanche tanto, esordi, sa bene i progressi che ha fatto in tutti questi anni e l’enorme consenso che ha raccolto in terra anglosassone, dove ha messo radici.
Da anni residente a Londra, oggi questo straordinario artista palermitano torna nella sua città per presentare al Teatro Biondo, che lo aveva riscoperto due anni fa scritturandolo per l’Aida di Roberta Torre, uno spettacolo eccentrico e irresistibile.
Performer, cantante e autore, Tomasini è uno dei pochissimi cantanti al mondo con una potente estensione di 4 ottave, ma è anche fondamentalmente una vera e propria star della scena alternativa.
«Lasciai Palermo a 16 anni perché vinsi una borsa di studio per andare negli Stati Uniti – racconta lui stesso – e da quel momento crebbe in me il bacillo della fuga. Mi sono, poi, laureato in Lingue perché i miei genitori me lo imposero, i quattro più inutili della mia vita, anche se è più vero dire che mi laureai in cabaret perché in quegli anni ero un concentrato di energia. Avevo 24 anni e facevo di tutto, non dormivo mai anche perché ero impegnato con il servizio civile al Centro Diaconale “La Noce”, dove lavoravo veramente tanto. Per la tesi andai a Londra, trovando così la scusa per partire e uscire fuori da questa città che ho apprezzato solo nel tempo. L’ho scoperta quando sono tornato più in là, recuperando tutto quello che mi sono negato da ragazzino. Questo anche perché, diciamocela tutta, Palermo si è poi molto aperta nei miei confronti, e io di conseguenza».
Intensa la vita notturna di un Ernesto Tomasini molto giovane, grande palestra per capire cosa avrebbe voluto fare da grande.
«Intanto debuttai in America nel varietè americano. Mi pagarono per fare il clown e mi piacque tanto che, tornato a Palermo, volevo fare le stesse cose a tutti i costi. Nell’86 arrivarono i localini come “Il labirinto” e il “Dag”, realtà piene di fermento dalle quali siamo passati in molti. Proprio al “Dag” debuttai insieme alle Ascelle, capitanate da Luigi Lo Cascio. Avevano una comicità molto surreale, parecchio britannica, che non so quanti l’hanno mai posseduta come loro. Ho, inoltre, lavorato con tutti, proprio tutti, i cabarettisti palermitani, molti dei quali bravissimi. Gino Carista, per esempio, è uno che amo alla follia.
Sul palco del Biondo, Ernesto Tomasini salirà e divertirà, grazie anche alla sua capacità di essere e divenire. Ad accompagnarlo al piano ci sarà il pluripremiato concertista russo Konstantin Lapshin, insieme al quale ci guiderà in un viaggio musicale tanto divertente quanto emozionante, che comprende standard del teatro musicale (tra gli altri: All That Jazz, Mein Herr, I Could Have Danced All Night) e brani originali tratti dal suo vasto repertorio, scritti per lui da Julia Kent (Antony & the Johnsons), Current 93, Othon e altri autori contemporanei.
«Avere Konstantin al mio fianco – prosegue il poliedrico performer, il cui sangue rimane sempre palermitano, inorgogliendo non poco chi lo conosce e lo apprezza – non è indifferente. Lui suona per la famiglia reale, va spesso a Kensingtn Palace, ma spesso gli faccio suonare cose per le quali poi gli chiedo perdono. Lui, però, affronta tutto con grande naturalezza, divertendosi sempre».
Come avevano detto all’inizio, Tomasini torna a Palermo dopo il suo debutto nell’Aida della Torre.
«E’ un’emozione che si rinnova perché io sono cresciuto in questo teatro come spettatore. La mia madrina mi abbonava a tutto. Al Teatro Massimo, per esempio, vidi l’ultima opera, prima che chiudesse. Era un Nabucco in oratorio, che mi cambiò la vita. Proprio qui ho amato Arturo Brachetti che poi divenne mio amico, come anche Pina Bausch più tardi, Carmelo Bene, Peter Brook, tanto per fare qualche nome».
Ma se si volesse descrivere questo spettacolo?
«Difficile perché l’ho pensato e strutturato proprio per Palermo, facendo il punto della mia vita, degli anni che ho perso della mia città e la città di me. Non ci sarà, però, niente del repertorio elettronico, perché è un concerto per piano e voce. Si tratta di un viaggio autobiografico che parte dalla canzoncina che cantavo nel coro della Chiesa “Santa Maria Ausiliatrice” di via Marchese di Villabianca, dove il prete diceva: «u picciriddu canta come una femmina». Proseguendo con le evoluzioni che facevo all’interno della mia cameretta, dove provavo sognando di andare a Londra, mentre la vicina pensava che a cantare fosse la signora Tomasini, ossia mia madre. Ci sarà pure una canzone di Duilio del Prete, mio padre artistico, tanto teatro musicale, pezzi di spettacoli come “Chicago” e “Cabaret” che feci nel West End di Londra. Proporrò ovviamente anche molti dei brani scritti proprio per me da grandi musicisti contemporanei, tra cui Marc Almond. Insomma, ci sarà veramente tanto e tutti potranno ritrovare parte di se stessi, in quanto si tratta di uno spettacolo le cui tappe sono anche quelle di tutte quelle persone che saranno sicuramente presenti in sala».