Il colore e l’umanità di un quartiere come San Berillo, nel libro di Domenico Trischitta

A leggere alcuni brani, al Caffè del Teatro Massimo, alcuni allievi della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo

di Aurora Della Valle

 foto Giuseppe Leone

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«San Berillo ha avuto grande importanza nella mia gioventù catanese. A metà degli anni ’50 tutta la città passeggiava riversandosi in via Etnea mentre, per noi diciottenni, c’era una deviazione obbligatoria verso questo quartiere dove, in case compiacenti e autorizzate, si dava libero e poco costoso sfogo ai nostri bollenti spiriti».

4Il primo colpo di pennello a una realtà come questa, la dà Pippo Baudo nella prefazione al libro “L’Oro di San Berillo”. Un dramma in due atti che porta la firma di Domenico Trischitta, noto scrittore e autore per il teatro di origini catanesi. Una pennellata di colore data proprio dal Baudo uomo di spettacolo, i cui natali sono siciliani, più esattamente etnei. Il Pippo nazionale racconta di come numerose fossero le case chiuse, visitate da maschi di ogni tipo e censo, diversi solo quanto alle personali capacità economiche. Un intrecciarsi di dialetti della città e della provincia, ma anche tante entraîneuse continentali arrivate per “spegnere” il fuoco siciliano.

«Improvvisa si sparse la notizia: San Berillo sarebbe stato demolito e sarebbe sorto un grande quartiere per fare affacciare Catania alla distesa azzurra del suo mare. Passeggiavo con il compianto Pippo Fava, grande maestro di giornalismo e di vita – scrive ancora Baudo –. quando gli venne un’idea geniale. Perché non scrivere il lamento di un cittadino, sgomento di fronte a questo spettacolo, testimonianza di una giovinezza sfiorita? E così, parafrasando Garcia Lorca, scrivemmo “Lamento in morte di una casa chiusa”. È passato un po’ di tempo. Ora ci riprova Domenico Trischitta, riaprendo con coraggio una dolente ferita della memoria. Intanto, il nuovo San Berillo non è ancora nato: c’è un mega progetto che non è stato realizzato. Mi auguro che, rispettando le caratteristiche delle vecchie case ancora esistenti, Catania abbia finalmente il suo grande balcone sul mare».

CopertinaEcco, dunque, il lavoro di Trischitta nel quale «da un lato scorre la zona a luci rosse – scrive lui stesso – mentre dall’altro prosegue il viavai di commercianti che, dalla stazione e dal porto, venivano a piantare radici, come per una sorta di disincanto, plasmando un’anima catanese (comica e grottesca, ironica e drammatica) che, nutritasi di sesso mercenario e carne di cavallo, ha reso indelebile un’impronta originale e riconoscibile».

Un lavoro forte che si anima attraverso la memoria dei superstiti, dei testimoni che vivono nelle pagine di Brancati e Addamo come nelle performance di Angelo Musco, «di contrabbandieri di sigarette, storici e pescatori di questa città, ma anche di qualche prostituta sessantenne con l’accento napoletano».

A presentare il libro, alle 18 di giovedì 31 marzo al Caffè del Teatro Massimo, sarà la scrittrice palermitana Beatrice Monroy, che darà via via la parola a Bruno Di Chiara, Giuditta Vasile e Claudio Zappalà, allievi della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo, diretta da EMMA DANTE. Tre giovani promesse del nostro teatro, che si alterneranno nella lettura e interpretazione di alcuni brani. Insieme all’autore, sarà presente anche Giuseppe Leone, autore degli scatti che arricchiscono il libro.